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Distratti dalla libertà: I detenuti, la nonviolenza e il “modello Gorgona” / di Lorenzo Guadagnucci

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L’Italia non tutela la dignità dei reclusi e cancella il progetto avviato sull’isola-carcere, fondato sul rapporto con gli animali

Il sistema carcerario italiano non gode di grande prestigio. È anzi da tempo sotto processo, in senso sia metaforico sia giudiziario. Il sovraffollamento cronico ha esposto l’Italia a una severa censura da parte della Corte europea per i diritti umani (la sentenza Torreggiani del 2013), culmine di un malessere strutturale che non si è riusciti ad affrontare con strumenti adeguati. La cultura della pena perorata dall’articolo 27 della Costituzione -la tutela della dignità umana e la finalità rieducativa- stenta ad affermarsi in un ambiente carcerario afflitto da patologie di antica data. Ci sarebbe bisogno di una radicale riforma democratica, da concepire lungo i binari più avanzati e più moderni del diritto.

Una riforma del genere certamente non si improvvisa ma va riconosciuto che non si partirebbe da zero. Nel corso del tempo il nostro pur malandato universo carcerario ha messo in moto “buone pratiche” che andrebbero considerate come le fondamenta di un nuovo edificio da costruire. E’ quindi un vero peccato – per usare un eufemismo – che si abbandonino i progetti più originali e promettenti. È quanto sta avvenendo alla Gorgona, l’ultima isola-carcere rimasta in Italia. Lì i detenuti hanno la possibilità di vivere all’aperto e alcuni di loro lavorano nell’azienda agricola istituita a suo tempo dallo stato. Gorgona è diventata famosa per un’impresa in apparenza impossibile: l’inserimento della pratica concreta della nonviolenza all’interno di una struttura carceraria. È il progetto che ha avuto il veterinario Marco Verdone come principale promotore e il direttore Carlo Mazzerbo come decisivo sostenitore. Il cuore del progetto è una nuova relazione fra umani e animali, fino a formare -come massima ambizione- una comunità interspecifica.

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I detenuti presenti nelle carceri italiane al 31 maggio 2016.
La capienza regolamentare dei 193 istituti è 49.697 persone (Ministero della Giustizia)

I reclusi sono stati incoraggiati a considerare i maiali, le mucche, le capre, gli asini di Gorgona come propri compagni in un’avventura speciale: trasformare il periodo di detenzione in una vera occasione di ripensamento sul tema della violenza e del rapporto con l’altro. Gli animali, nella nostra società, sono l’altro per antonomasia, in quanto vittime predestinate della violenza istituzionale. Segregarli, tormentarli e infine ucciderli è perfettamente legale e gode di un generico quanto solido consenso sociale. Ma non c’è nulla di “rieducativo” nell’allevare e macellare animali. Tutto cambia se questi diventano “rifugiati e cooperatori del trattamento” (come sta scritto nei provvedimenti di grazia firmati da Mazzerbo per alcuni di loro), se diventano titolari di propri diritti, come ha spiegato Verdone nel libro “Ogni specie di libertà” pubblicato da Altreconomia. Tutto cambia se il macello chiude e la morte violenta scompare dall’orizzonte quotidiano dei detenuti. Marco Verdone dopo vent’anni è stato comandato ad altri compiti dalla Asl livornese; Carlo Mazzerbo è stato trasferito e la competenza su Gorgona è passata al penitenziario di Livorno. L’azienda agricola (ma non gli animali) è stata affidata a un’impresa privata (i Frescobaldi) e il macello ha ricominciato la sua truculenta attività. Ma non è detta l’ultima parola: giuristi, intellettuali, associazioni animaliste hanno chiesto al governo di salvare quell’idea di Gorgona che ha preso forma grazie al veterinario, al direttore, ai detenuti, ma anche alla mucca Libertà, alla maialina Bruna e agli altri animali non umani. In verità il nostro sistema penitenziario potrebbe -forse dovrebbe- fare tesoro di quell’isola di armonia che Gorgona ha dimostrato di poter essere.

Lorenzo Guadagnucci è un giornalista del “Quotidiano Nazionale”. Per Altreconomia ha scritto, tra gli altri, “Noi della Diaz” e “Parole sporche”.

Questo articolo è stato pubblicato sul Altreconomia Numero 184 p. 40 (QUI in formato pdf)

Carceri: detenuti e animali non devono essere trattati da ‘bestie’ / IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Fabio Balocco

Carceri: detenuti e animali non devono essere trattati da ‘bestie’
IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Fabio Balocco
Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it
 

L’art. 27 della Costituzione Italiana, riguardo ai detenuti, così recita: “(…) Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato (…)”.

Probabilmente non vi è altra norma della nostra Carta così negletta come questa. I carcerati, in realtà, non solo non vengono rieducati, ma spesso e malvolentieri vivono in condizioni letteralmente bestiali in celle superaffollate.
Del resto, la stessa “Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati” non parla esplicitamente di un diritto degli stessi ad essere reintegrati nella società civile allo sconto della pena, dopo aver fatto un percorso di riabilitazione all’interno o all’esterno del carcere. Eppure la Costituzione dice chiaramente che le pene “devono” tendere alla rieducazione.

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I primi animali graziati e rifugiati di Gorgona

I primi animali graziati e rifugiati di Gorgona
Esseri senzienti, riconosciuti come cooperatori del trattamento
I soggetti che per ora hanno chiesto al Direttore di Gorgona Carlo Mazzerbo la “grazia” per questi e altri animali sono:

  1. Scuola per l’infanzia Barriera Margherita di Livorno;
  2. DES Livorno – Distretto di Economia Solidale di Livorno;
  3. DO RE MIAO! – Associazione di Promozione Sociale – ACSI;
  4. Marco Verdone e Massimo Bertani (veterinari);
  5. Giuseppe Fedele, educatore, responsabile A.P., Gorgona;
  6. Alcune persone detenute che lavorano con gli animali;
  7. Giovanna Borgoni, studentessa di antropologia;
  8. Ippoasi Fattoria della pace;
  9. …e tante altre persone di buona volontà! 

Leggi QUI i decreti e le storie
– La maialina Bruna
– La mucca zen Valentina
– Le mucche Castagna e Sara
– Le mucche Rossina e sua figlia Giulietta
– 
La caprette Zaira e Zaganà
– Domanda e Decreto di grazia 3 caprette
–  Il maialino Wilbur (detto Pino) (sotto in foto)

Giustizia: l’esperienza dell’isola della Gorgona, un carcere senza troppe sbarre

Giustizia: l’esperienza dell’isola della Gorgona, un carcere senza troppe sbarre
di Sara Borriello

Il Manifesto, 31 ottobre 2013

“Ne vale la pena”, di Carlo Mazzerbo e Gregorio Catalano per Nutrimenti.

L’esperienza della Gorgona raccontata in un volume che sarà presentato al Salone dell’editoria sociale. Quanto sappiamo delle carceri italiane? Della reclusione e della frustrazione di chi passa venti ore al giorno in una cella? Sicuramente troppo poco.

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E ora gli animali diventino soggetto di diritto

L’INTERVENTO / MARIANNA SALA, AVVOCATO E PRESIDENTE DELLA LAV MILANO
Il pronunciamento di Varese ribalta i vecchi pregiudizi e avrà effetti anche in altri campi della giurisprudenza.
Con il pronunciamento del giudice tutelare Giuseppe Buffone del Tribunale di Varese si è fatto un passo avanti nel riconoscimento giuridico del rapporto tra uomo e animale. Della questione si era occupata anche l’avv. Marianna Sala, responsabile milanese della Lav, in un intervento già pubblicato sul sito dell’associazione e che qui riproponiamo anche ai nostri lettori. (LEGGI l’intervento su www.corriere.it) 

Articolo simile:
ENPA Savona: consentire negli ospedali le visite di cani, gatti e conigli (LEGGI TUTTO)

1° Convegno antispecista: RIFLESSIONI

A MARGINE DELL’INTERESSANTE E STORICO 1° CONVEGNO ITALIANO ANTISPECISTA ALCUNE RIFLESSIONI PER AFFRONTARE LA COMPLESSA QUESTIONE.