PACE. Responsabilità per il futuro / Il resoconto del convegno / di Marilina Veca

Organizzato da “Un tempio per la pace”, Iskcon Hare Krishna Villa Vrindavana col patrocinio del Comune di San Casciano Val di Pesa ed il contributo di Chianti Banca, il convegno PACE. RESPONSABILITA’ PER IL FUTURO. ETICA, ARTE E PRATICHE DI PACE. Insieme per un mondo sostenibile, giunto ormai alla IV edizione, si è svolto domenica 22 settembre 2013 con una veste rinnovata e innovativa che coniuga momenti di meditazione individuale e collettiva alle riflessioni sul cibo, arte e musica, relazioni ed interventi a filmati e musiche dal vivo, nel tentativo di trovare nuove vie di comunicazione attraverso le quali la società contemporanea possa confrontarsi con il sacro, affrontare le radici delle proprie paure e nevrosi, trovare punti d’incontro e non aver paura delle differenze, sottraendo l’approccio al sacro alla dimensione psicologica e personalistica.

Si tratta in sostanza di dare spazio ad una sorta di studio comparato, di sviluppare un nuovo interesse nei riguardi del simbolismo, dell’arte sacra, della musica, della sofferenza animale e umana, sottolineando i momenti di raccordo, le commistioni e gli incroci delle differenti civiltà, necessari momenti di partenza per intraprendere un percorso di conoscenza che scenda alla radice dei conflitti interiori che nascono dalla conoscenza del dover morire, dell’invecchiare, della malattia, del dolore. Il mondo materiale, nel suo sforzo di dimenticare la realtà spirituale crea differenti  “categorie” per conquistare un “ruolo” all’interno di tale realtà fittizia, ricoprendo false identità: ciò vale per i corpi maschili e femminili, ma anche per ciò che denominiamo bianco o nero, bello o brutto, ricco o povero, intelligente o semplice, sano o malato, umano e animale, tutte identificazioni che profondamente minano il significato di pace e di giustizia. Nel mondo materiale siamo costretti ad una vita tutta “orizzontale”, strisciando e mangiando la terra come nella condanna biblica verso il serpente: mangiare, dormire, accoppiarsi e difendersi, non sono azioni sufficienti per sentirsi felici e realizzati, e per questo, nel gioco delle false identificazioni, ognuno cerca di trovare una propria collocazione sottomettendo il più debole, fino al cinico sfruttamento esercitato dall’uomo sugli animali non umani. Il senso del convegno, che comprendeva anche momenti di meditazione sul significato del cibo, di cammino meditato nel bosco, fino all’esperienza rasserenante del bagno di Gong, è proprio quello di sviluppare arti e pratiche di pace, di intersecare la musica e la parola con la riflessione sul cammino, sul cibo, mettendo al centro del discorso della pace quel “non uccidere” che è considerazione profonda sulla sofferenza degli ultimi, di quelli che non hanno voce come gli animali non umani e analisi del significato stesso di cura e medicina come fenomeni empatici ed olistici che non possono produrre alcun effetto benefico se incentrati sulla cancellazione del sintomo e non sull’approccio globale al benessere fisico e spirituale dell’essere vivente.

Cornice del convegno è Villa Vrindavana, incantevole dimora cinquecentesca, dal 1979 principale sede italiana dell’Associazione per la coscienza di Krishna, adagiata nel cuore del Chianti fiorentino nel comune di San Casciano in Val di Pesa.: il convegno si apre con il breve saluto di Marco Romoli in rappresentanza di “Un Tempio per la pace” che ricorda il lungo percorso sul tema della pace a partire dagli incontri in Palazzo Vecchio fatti di letture, meditazione e silenzio nonché la duratura collaborazione con il movimento Hare Krishna e il traguardo dell’essere arrivati al IV anno dell’incontro sulla pace con l’auspicio che ogni essere umano diventi sempre più consapevole e riesca a sviluppare segnali positivi nella situazione di conflitti in crescita che ci circonda. Parabhakti Das, responsabile di Villa Vrindavana, rivolge un breve saluto ai convenuti ponendo l’accento sull’importanza della multiculturalità e di un confronto che sviluppi un messaggio spirituale, di confronto, di introspezione alternativo alla materialità imperante, concludendo con l’annuncio dell’apertura del Museo di Arte Vedica all’interno di Villa Vrindavana, una galleria dove opere raffiguranti storie della tradizione indiana sono esposte in un ambiente tipico di quella italiana nel segno di un forte punto d’incontro fra due culture.

Relatori Marco Verdone, medico veterinario omeopata “di frontiera” come egli stesso ama definirsi, sul tema “Quale pace tra gli animali? Verso un cammino di pace oltre le differenze di specie”: al centro dell’intervento – che come Verdone stesso ricorda si colloca all’interno della S.M.A.C. acronimo che sta per “settimana mondiale per l’abolizione della carne” –  la convinzione che la pace si costruisce dalle fondamenta, quindi dal rispetto degli ultimi e dalla misericordia esercitata verso gli animali non umani. Non si può immaginare la pace sul pianeta se non si risolve il rapporto con gli altri animali non umani e se non si interviene su quello che Max Horkheimer definiva “l’inferno animale nella società umana” descrivendo la costruzione del mondo come quella di un palazzo meraviglioso che ha per tetto una cattedrale e per cantina un mattatoio (è il caso di ricordare che Ford trasse ispirazione per costruire la catena di montaggio dalla struttura dei macelli di Chicago). “Gli animali sono stati categorizzati – ha sottolineato Verdone che opera nella struttura carceraria dell’isola di Gorgona – e al vertice è stato posto l’homo sapiens. In questo contesto di distinzione fra le specie – specismo – agli animali viene chiesto di riprodursi tanto, consumare poco, andare al macello prima possibile. Ogni anno vengono macellati circa 60 miliardi di animali…cifre che suscitano orrore e incredulità. Perché il discorso sulla pace si leghi a quello sulla giustizia e sulla sofferenza, occorre dare voce a chi non ha voce. La questione animale – prosegue il veterinario Verdone – attiene a quattro risorse fondamentali: cibo, spazio, acqua ed energia, quindi il problema etico si salda con quello economico e di giustizia sociale. Tutti siamo interdipendenti in una visione olistica della vita e tutti siamo posti continuamente di fronte alla lacerazione etica/pratica, curabilità/incurabilità, vita/morte.” L’Isola di Gorgona sembra una situazione ottimale di sinergia fra l’apprendimento di nuovi lavori per i detenuti, il rispetto dell’ambiente, il benessere animale ma il bellissimo filmato “Animali in paradiso” con la struggente colonna sonora “Paradise” di Bruce Springsteen ci fa passare dall’Eden di un’isola incantata alla vera e propria esecuzione di un mite bovino accompagnata dalla musica dura e incisiva di “Pensa” di Fabrizio Moro che perfettamente si sposa con le immagini strazianti e con lo sguardo dell’animale messo a morte. “Pensa prima di sparare.
Pensa prima di dire e di giudicare, prova a pensare.
Pensa che puoi decidere tu.
Resta un attimo soltanto un attimo di più
con la testa fra le mani … ” Marco Verdone esorta a porsi la domanda chiave sulla finalità di tutta la sofferenza con cui quotidianamente siamo chiamati a confrontarci ed insiste sulla visione olistica dell’interdipendenza di tutti gli esseri viventi concludendo con la presentazione della “Carta dei diritti dell’isola di Gorgona” e del progetto “Salva con nome” per riportare gli animali con i numeri marchiati sulla pelle ad esseri con un nome, detentori di diritti. Viene spontaneo il collegamento con il fatto che il nome veniva tolto anche ai prigionieri nei campi di concentramento e sostituito con un numero e che il Memoriale della Shoah a Gerusalemme si chiama “Yad vaShem” – che significa un posto e un nome – per costruire la speranza che tutti possano finalmente avere un posto e un nome e trovare pace.

Il secondo relatore è Mario Ancillotti che affida il suo intervento alla musica più che alle parole: lo straordinario flautista interviene su “Ascesi e meditazione, il significato arcaico della musica. Il flauto strumento della magia”. “La musica proprio per la sua immaterialità – ha detto Ancillotti – è vicina allo spirito dell’uomo, ha sempre accompagnato rituali spirituali e si è configurata come una sorta di medicina dell’anima. Ci sono capolavori immensi che obbligano a guardare dentro noi stessi e interpretano la solitudine dell’uomo in questo percorso introspettivo. Ci sono momenti in cui un grande vento spazza le epoche e la storia e la musica trova nuove forme musicali.” Ancillotti esegue, in un’atmosfera carica di suggestione e di commossa interiorità, il I e III movimento di una Composizione per flauto di J. S. Bach, definito dal musicista il compositore più spirituale della musica occidentale, interamente dedicato alla gloria di Dio all’interno di una concezione della musica come meditazione; affronta poi l’intensa “Syrinx” di Claude Debussy, espressione del dubbio dell’uomo, riscoperta del mito e ritorno agli archetipi dell’umanità; infine due delle “5 Incantations” di André Jolivet – importante compositore nella I metà del ‘900 in Francia, particolarmente vicino alla spiritualità orientale. Mario Ancillotti, oltre ad esprimere lo straordinario virtuosismo del flauto come voce sola, ben rappresenta con la sua arte il rapporto fra musica e pace, fra interiorità dell’uomo ed espressione artistica, ritagliando nel convegno uno spazio diverso, dove la parola cede il posto all’espressione artistica come linguaggio dell’anima.

Infine il travolgente intervento di Franco Cracolici, medico agopuntore, sul tema “Stili di vita nel Taoismo: un mezzo utile per la pace”, che esprime la forte esigenza di una medicina che non consideri la parte per il tutto, che non curi il sintomo per la causa, che non intervenga violentemente e dall’esterno ma che accolga le disarmonie per creare armonia col tutto. Lao-Tse nel Tao Te Ching scriveva “L’Io e l’altro mio Io cessino di opporsi”. “Siamo maschile e femminile – ha detto Cracolici – siamo una parte che parla e una parte che ascolta, siamo l’insieme di un sistema eccitatorio/simpatico e di un sistema frenante/parasimpatico. Dobbiamo imparare a disimparare, sgombrare la mente dal senso di colpa, evitare qualsiasi giudizio. Tutto è provvisorio e dovrà essere abbandonato per tornare a far parte dell’eterno. Dobbiamo fare pace con l’esterno se vogliamo trovare la pace nel nostro corpo. Tutto è collegato.” Riportando la sua esperienza clinica nel primo esempio di ospedale integrato a Pitigliano (dove la malattia è affrontata contemporaneamente attraverso gli occhi del medico allopatico, di quello omeopatico, dell’agopuntore, etc) Cracolici ricorda che esiste una regola fondamentale della vita: non forzare la spontaneità naturale, seguire la disposizione naturale delle cose per far sì che la natura e le cose siano simili. Conclude l’intervento con una bellissima citazione di Seneca: “Breve è la vita che viviamo davvero: tutto il resto è tempo”.

Il convegno segue poi i tempi rilassati e sereni del cibo condiviso con una meditazione sul cibo stesso guidata da Lucia Vigiani che accompagna gli intervenuti anche nei “Passi di pace nella Madre Terra” in cammino nei boschi di Villa Vrindavana.

Segue il “Bagno di Gong” con Silvia Cianferoni, momento di pace condivisa e di vibrazione diffusa, e la “Meditazione di pace sulla luce” con la psicoterapeuta Laura Drighi che ben si accompagna alla luce calda striata di rosa del tardo pomeriggio del rigoglioso parco rinascimentale. Infine i canti e le danze della festa Hare Krishna e l’offerta di Prasadam – cibo offerto alle divinità e straordinariamente profumato e preparato con amore – a tutti i partecipanti.

Marilina Veca, giornalista e scrittrice

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