Omeopatia: dall’animale al proprietario / di Marco Verdone

Quando la malattia dell’animale diventa un’opportunità anche per il proprietario [Marco VerdoneIl Progresso Veterinario, n.11 / 2001]

“Nascere uomo su questa terra è un incarico sacro. Abbiamo una responsabilità sacra, dovuta a questo dono eccezionale che ci è stato fatto, ben al di sopra del dono meraviglioso che è la vita delle piante, dei pesci, dei boschi, degli uccelli e di tutte le creature che vivono sulla terra. Noi siamo in grado di prenderci cura di loro.” (Shenandoah Onondaga – nativo americano)

I veterinari omeopati hanno una possibilità strepitosa: far partecipare i proprietari di animali all’esperimento omeopatico. Esperimento, perché quando somministriamo un rimedio facciamo un’ipotesi di percorso terapeutico: ipotizziamo che il rimedio scelto sia quello giusto (“il più simile” dal punto di vista omeopatico) per quello specifico individuo. Non lo possiamo sapere prima di aver osservato la sua azione sull’animale (come del resto sull’uomo). In seguito, la lettura sistemica ed energetica di ciò che accade nel paziente ci conforterà sulla buona scelta del medicamento, sulla curabilità e sulla potenziale guaribilità del malato. Oppure, rimetterà tutta la nostra analisi in discussione, in quanto l’assenza di un “corretto” movimento terapeutico sottrae validità alla nostra ipotesi iniziale.

L’uomo-proprietario è coinvolto  nell’esperienza omeopatica.
Egli osserva, partecipa e prende atto del processo terapeutico omeopatico avvenuto sul proprio animale. Opportunamente guidato dovrà riferire tutto quello che è riuscito a percepire.
Questo è il primo seme che il proprietario introduce dentro di sé e che spesso lo conduce a porsi domande sulla propria salute e a desiderare di «sperimentare» in prima persona la cura omeopatica.
Il potenziale paziente potrà essere il proprietario stesso o un parente, più spesso un figlio, con problemi che tendono a cronicizzare o a dare frequenti ricadute.

 UN SALTO DI LIVELLO

« Dottore, conosce un bravo omeopata ?»  A questo punto il nostro lavoro di veterinario ha subìto un salto di livello e di qualità di intervento.

Siamo passati dall’atto terapeutico specifico all’atto educativo/informativo.

E’ il momento in cui offriamo o torniamo su indicazioni già precedentemente fornite, affinché il proprietario faccia una scelta consapevole. Non si dovrebbe andare dall’omeopata solo perché le altre medicine non hanno funzionato. Ma soprattutto perché è stato capito, o almeno intuito, che esiste un altro modello di interpretazione della malattia, dei sintomi, della cura, della guarigione e della salute.

A questo punto dobbiamo essere in grado di inviare il nostro interlocutore da un omeopata affidabile. Oppure riuscire a dare delle indicazioni al proprietario circa i criteri sui quali basare la scelta di un medico che possa dare delle sufficienti garanzie.

Bisogna a questo punto chiarire che la nostra scelta è storicamente indirizzata all’omeopatia classica, unicista. È la nostra via maestra, il punto di riferimento dottrinario e metodologico che conosciamo meglio e con il quale quotidianamente lavoriamo e ci confrontiamo.

Un’altra eventualità è quando il proprietario manifesta scetticismo o delusione per il fallimento della sua cura omeopatica. Andando ad approfondire il tipo di terapia che ha seguito, può capitare che non si tratti di omeopatia rigorosamente unicista. Al proprietario viene allora fornita una spiegazione delle differenze tra i vari modi di impostare la cura e vengono sottolineati quelli che, a nostro giudizio, ci sembrano i vantaggi e le garanzie dell’utilizzo di un solo rimedio alla volta.

Ma non è ancora finita qui.

Spesso il proprietario ha desiderio di riferire al veterinario la sua esperienza con l’omeopata dal quale è stato indirizzato. Questo può capitare o nel corso della visita del suo animale o perché si è stabilito un rapporto di fiducia e stima tale da potersi incontrare anche senza l’animale.

Il veterinario diventa spesso colui al quale vengono raccontati i commenti sulla visita e sull’omeopata. Cose che in genere a quest’ultimo non vengono quasi mai riferite, almeno all’inizio del loro rapporto. Così può capitare che il proprietario non abituato all’approccio omeopatico debba essere aiutato a superare le sue perplessità, i suoi pregiudizi, le sue naturali resistenze.

E’ come un bimbo che impara ad andare in bicicletta: bisogna sostenerlo all’inizio, aiutarlo, confortarlo, trasmettergli la fiducia che un giorno, se non abbandonerà, ce la farà.

Spesso ci vengono poste tutte quelle domande pratiche che, per soggezione o perché sorgono dopo la visita, non vengono rivolte al medico. Allora viene chiesto perché hanno ricevuto proprio quel tipo di rimedio (che spesso coincide con quello che già il veterinario aveva somministrato al loro animale!), di cosa si tratta, quanto dura la cura, perché non c’è il foglietto illustrativo e via dicendo. Argomenti, tra l’altro, che spesso sono già stati affrontati durante le visite dell’animale.

 LA SALUTE COLLETTIVA

Quando una persona sta bene tendono a star bene anche coloro che le stanno attorno. L’onda armonica  mette ordine anche in quelle disarmoniche.

Se i genitori stanno bene tendono a star bene anche i figli. E gli animali. Il processo va dall’alto verso il basso. Dagli organismi più evoluti a quelli meno.
La felicità e la salute sono contagiosi, più delle malattie infettive, perché viaggiano attraverso canali energetici.

Se l’allevatore sta male, la sua stalla glielo ricorderà. L’animale restituisce, sotto forma di sintomi, gli atteggiamenti, i pensieri e le manualità non consone a quel tipo di attività. Liberi di esercitare le nostre scelte di interpretazione, ci sposteremo e ci assesteremo sul livello di consapevolezza che abbiamo raggiunto.

Se si cura il cane nervoso, ma non si spiega al bimbo che non deve mettergli la matita nell’orecchio, non abbiamo curato ma abbiamo fatto una soppressione, messo a tacere un modo di esprimersi dell’animale.

Se curiamo il bambino torturatore del cane, per un eczema, senza che il genitore abbia capito che non deve dargli merendine e patatine fritte tutti i giorni per tenerlo impegnato, il bambino non è stato guarito ma, anche in questo caso, soppresso. E’ stata chiusa una sua valvola di sicurezza rappresentata dall’eruzione cutanea. Se i genitori vengono curati in modo omeopatico, vedono le cose in modo diverso. Riconoscono che troppe merendine e patatine fanno male e che, invece, possono giocare insieme al figlio per distrarlo. Il bimbo starà meglio e non sentirà la necessità di infilare la matita nell’orecchio del suo cane. Quest’ultimo tirerà un sospiro di sollievo e potrà dormire finalmente con entrambi gli occhi chiusi!!

Tutta la famiglia sarà in salute e innescherà, dentro e attorno a sé, un circolo virtuoso di benessere. Senza dimenticare, però, che la salute non è gratuita ma dovrà conquistarsela ogni giorno.

NUOVI CAMMINI

Lo studio del veterinario può diventare, quindi, per il proprietario una stazione di partenza per prendere parte ad un’esperienza che lo potrà portare a cambiare radicalmente la propria vita.

Il veterinario si prenderà cura dell’animale ma avrà a cuore anche l’aspetto collettivo della proposta terapeutica che sta offrendo. La sua gratificazione professionale farà un salto di qualità, accompagnata da un aumento della gratitudine, in questo caso, verso la medicina omeopatica.

Allora, spesso ci troviamo a commentare insieme al proprietario che, grazie alla malattia dell’animale, egli ha imboccato un cammino di salute e di vita che fino a poco tempo prima era per lui impensabile.

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