I dieci padroni del cibo / di Jon Queally

Le principali multinazionali del cibo (Danone, Coca Cola, Nestlé, Abf, Unilever), denuncia Oxfam, contribuiscono a distruggere le risorse naturali e sostengono un sistema che provoca sfruttamento, impoverimento, fame. La nuova campagna internazionale Behind the Brand [dietro il marchio]
di Jon Queally 

Fonte: http://comune-info.net/2013/03/cibo/

Le maggiori imprese mondiali del settore alimentare e delle bevande possono essere redditizie ma, secondo Oxfam International, le loro pratiche stanno contribuendo a distruggere non solo le risorse naturali che sostengono un sistema alimentare globale ma anche le vite delle persone che dipendono di più da esse: i loro dipendenti e i loro clienti.

In una nuova iniziativa intitolata Behind the Brand [Dietro il marchio], parte della sua campagna Grow in corso per correggere il marcio sistema del cibo, Oxfam ha individuato dieci delle maggiori imprese di lavorazione degli alimenti – Associated British Foods (Abf), Coca Cola, Danone, General Mills, Kellogg’s, Mars, Mondelez, Nestlé, Pepsico and Unilever – per diffondere una singolare dichiarazione a proposito del mancato adempimento, da parte di questi mastodonti, delle loro responsabilità sociali e ambientali.

Secondo Oxfam questi “Grandi 10” – che insieme generano un miliardo di dollari di profitti al giorno – stanno deludendo milioni di persone nei paesi in via di sviluppo che forniscono terra, lavoro, acqua e beni necessari per creare i loro prodotti.

“E’ ora che queste imprese assumano una maggiore responsabilità per la loro immensa influenza sulle vite dei poveri”, ha affermato Jeremy Hobbs, direttore esecutivo di Oxfam International. “L’ottanta per cento degli affamati del mondo lavora alla produzione di cibo e queste imprese impiegano milioni di persone nei paesi in via di sviluppo per coltivare i loro ingredienti. Controllano centinaia dei marchi più popolari del mondo e hanno un’influenza sociale e politica nel fare una vera e duratura differenza per i poveri e gli affamati del mondo”.

Come riferisce il Guardian: “Il rapporto dell’organizzazione benefica Behind the Brands ha compilato una classifica, valutando le “Grandi 10” in sette categorie: trasparenza della loro catena di approvvigionamento e delle relative operazioni, come garantiscono i diritti dei lavoratori, come proteggono i diritti delle donne, la gestione dell’utilizzo dell’acqua e della terra, le politiche per ridurre gli impatti del cambiamento climatico e come garantiscono i diritti dei contadini che coltivano i loro ingredienti. La società con il punteggio più basso – solo 13 su 70 – è stata l’Abf. Ha ottenuto solo un punto su dieci per quanto riguarda il trattamento della terra, delle donne e del cambiamento climatico, mentre il punteggio più alto che è riuscita a ottenere è stato di tre su dieci relativamente ai lavoratori e alla trasparenza. Insieme al penultimo posto si sono posizionate la Kellogg’s e la General Mills, proprietaria della Old El Paso, Haagen-Dazs e Nature Valley, entrambe con un punteggio di 16 su 70.

Nella prima iniziativa mirata della campagna, la Oxfam si concentrerà su Nestle, Mondelez e Mars per non aver affrontato la disuguaglianza sperimentata dalle donne che coltivano cacao per i loro prodotti di cioccolato. Come parte di tale iniziativa il gruppo ha diffuso una serie di resoconti di prima mano che esplorano la disuguaglianza vissuta dalle donne coltivatrici di cacao. E la campagna sollecita le persone a usare la propria voce e le proprie reti sociali per esprimersi contro i giganti del settore alimentare.

“Nessun marchio è tanto grande da non ascoltare i propri clienti”, ha detto Hobbs. “Se un numero sufficiente di persone sollecita le imprese alimentari a fare ciò che è giusto, non hanno altra scelta che ascoltare. Contattando le imprese su Twitter e Facebook, o firmando una petizione al loro direttore generale, i consumatori possono fare la loro parte nel contribuire a determinare un cambiamento duraturo del nostro marcio sistema alimentare, mostrando alle imprese che i loro clienti si aspettano che esse agiscano responsabilmente”.

La campagna ‘Behind the Brands’ ha anche diffuso questa lista di modi in cui le “Grandi 10” non ottemperano ai propri impegni:

* · Anche se alcune delle “Grandi 10” si sono pubblicamente impegnate a favore dei diritti delle donne nessuna si è impegnata a eliminare la discriminazione contro le donne nelle proprie intere catene di approvvigionamento.

* · Nessuna delle imprese ha politiche adeguate alla protezione delle comunità locali dall’espropriazione della terra e dell’acqua, nonostante tutte si riforniscano di merci viziate da violazioni dei diritti alla terra, come l’olio di palma, la soia e lo zucchero. Nessuna impresa ha dichiarato “tolleranza zero” nei confronti delle espropriazioni delle terre nelle proprie catene di approvvigionamento.

* · Tutte e dieci le imprese sono eccessivamente reticenti a proposito delle proprie catene di approvvigionamento, il che rende difficili da verificare le loro dichiarazioni di ‘sostenibilità’ e di ‘responsabilità sociale’. Nestle e Unilever sono maggiormente aperte a proposito dei paesi da cui si riforniscono, ma nessuna impresa fornisce informazioni sufficienti a proposito dei propri fornitori.

* · Le imprese, in generale, stanno accrescendo la propria efficienza idrica complessiva, ma la maggior parte di esse non ha messo in atto politiche per limitare il proprio impatto sulle fonti idriche locali. Solo la Pepsi ha riconosciuto pubblicamente l’acqua come un diritto umano e si è impegnata a consultare le comunità locali. La Nestle ha sviluppato linee guida per la gestione dell’acqua da parte dei propri fornitori e si è classificata al primo posto quanto alle politiche idriche.

* · Tutte le imprese hanno assunto iniziative per ridurre le emissioni dirette, ma solo cinque – Mondelez, Danone, Unilever, Coca-Cola e Mars – riferiscono pubblicamente sulle emissioni agricole associate ai loro prodotti. La sola Unilever si è impegnata a dimezzare l’impronta dei propri gas serra entro il 2020. Nessuna ha ancora sviluppato politiche per aiutare gli agricoltori nella loro catena di approvvigionamento a costruire resistenza al cambiamento climatico.

* · Nessuna si è pubblicamente impegnata a pagare un prezzo equo agli agricoltori o ad accordi economici equi con loro nel complesso delle operazioni agricole. Solo la Unilever – che è al primo posto per le sue condotte con gli agricoltori di piccole dimensioni – ha specifiche linee guida per i fornitori affinché affrontino alcuni dei problemi chiave degli agricoltori.

Fonte: Zcommunications.org, fonte originale  Common Dreams (traduzione di Giuseppe Volpe per ZnetItaly)

Un sito utile per approfondire questi temi: Impreseallasbarra.org

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